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Atti intimidatori verso gli amministratori locali, in 10 anni quasi 5 mila casi

L’Associazione Avviso pubblico ha diffuso il report “Amministratori sotto tiro”

5 NOVEMBRE 2021

Luciana Lamorgese, ministro dell’Interno, è intervenuta nel corso della videoconferenza di presentazione del report “Amministratori sotto tiro”, realizzato grazie ai dati raccolti dall'associazione Avviso pubblico, riguardante gli atti intimidatori e di minaccia subiti da amministratori locali e personale della PA. Purtroppo, il trend positivo osservato nel 2020 sembra essersi invertito: è stato infatti registrato un incremento del 16,9% nei primi nove mesi del 2021.

Il monitoraggio di Avviso pubblico fa riferimento al periodo 2011-2020: ben 4.309 casi di minaccia e aggressione, pari a una media di 36 intimidazioni al mese, una ogni 20 ore. Le Regioni che guidano questa triste classifica sono quelle del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Campani e Puglia) le quali insieme raccolgono 2.555 denunce, ovvero il 59% del totale. Il problema, però, ha sicuramente carattere nazionale: in tutte le Province del Paese è stato infatti registrato almeno un atto intimidatorio o di minaccia nel periodo osservato. Tuttavia, anche il dato provinciale racconta di una forte prevalenza dei territori del meridione: Napoli è infatti al primo posto, seguita da Cosenza e Reggio Calabria. Più indietro Roma, molto più indietro Milano. Solo nel corso dell'ultimo anno, sono stati quasi 500 gli atti intimidatori subiti da sindaci, assessori, consiglieri comunali e altri. Meglio rispetto al 2019, quando furono registrati quasi 600 casi. Anche nel 2021 svetta la Campania, con 85 casi censiti a fronte dei 55 registrati in Puglia e Sicilia. Nel Nord Italia, la Regione più colpita è sicuramente la Lombardia, mentre Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna risaltano per la scarsissima incidenza. Dunque, il calo del 2020 sembra essere dovuto esclusivamente agli effetti della pandemia nonché al rinvio delle elezioni amministrative e locali. Al riguardo, il Covid 19 e il conseguente lockdown ha comportato un cambiamento radicale delle modalità in cui si esplica l'intimidazione: nel 2020, infatti, i social network sono diventati il primo strumento per minacciare, e protagonisti sono sempre più spesso comuni cittadini, spesso esasperati per le restrizioni imposte dalla pandemia.