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Stato legittimo di un immobile, il titolo edilizio per singoli interventi non legittima l’intero edificio abusivo

L’autorizzazione di un singolo e sporadico intervento edilizio, ottenuta valendosi della disciplina semplificatrice della SCIA, non s’estende tout court all’intera struttura della costruzione abusiva su cui esso l’intervento incide

26 SETTEMBRE 2022

di Valeria Tarroni
 
Note a: Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 1/9/2022 n. 7621
 
Ai sensi dell’art. 9 bis dpr  380/2001, lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.
 
L’autorizzazione di un singolo e sporadico intervento edilizio, ottenuta valendosi della disciplina semplificatrice della SCIA, non s’estende tout court all’intera struttura della costruzione abusiva su cui esso l’intervento incide.
 
E’ quanto si legge in un passaggio nella sentenza del Consiglio di Stato n. 7621/2022.
 
Riprendiamo quindi l’art. 9-bis “Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili”, comma 1-bis del dpr 380/2001 (aggiunto dall’art. 10, comma 1 lett. d) della L. 120/2020), che così definisce lo stato legittimo: “Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.
 
La norma afferma esplicitamente che lo stato legittimo di un immobile è quello che si rileva dal titolo edilizio che ne ha consentito la costruzione o la legittimazione (sanatoria o condono edilizio), integrato con quelli successivi depositati o rilasciati che hanno consentito interventi parziali o sull’intero edificio o su singole unità immobiliari. Solo per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio[1], lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza.
 
La regolarità urbanistico-edilizia  di un immobile è data dalla corrispondenza tra il progetto approvato dal Comune e lo stato di fatto. La planimetria catastale depositata all’Agenzia delle Entrate, assolve invece ad una funzione di censimento degli immobili ai fini fiscali e non è probatoria della conformità urbanistica. Nel caso un edificio sia stato realizzato in un’epoca nella quale non era obbligatorio il titolo edilizio, i dati catastali rivestono il ruolo di supporto alla legittimazione urbanistica, in quanto forniscono un indizio sullo stato dei luoghi risalente alla data di deposito della planimetria.
 
Si rimarca il punto della sentenza in cui il Consiglio di Stato afferma che una pratica edilizia, nel caso specifico una SCIA, presentata per un intervento circoscritto, non incide sulla legittimazione urbanistico edilizia dell’immobile o di parti dello stesso raffigurati nella pratica ma non oggetto di intervento e pertanto non può avere un effetto sanante di eventuali irregolarità.
 
E’ infatti ovvio che l’istruttoria tecnica del SUE/SUAP si limiti al solo oggetto dell’intervento edilizio. Non si può quindi ritenere che immobili o porzioni degli stessi in quanto raffigurati negli elaborati della pratica ma non oggetto delle opere per le quali è presentata la pratica edilizia, si intendano legittimati.
 
In presenza di abusi edilizi vanno seguite le procedure per la sanatoria edilizia ordinaria (richiesta di accertamento di conformità o presentazione di SCIA in sanatoria) che richiede la doppia conformità dell’opera alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al momento della realizzazione dell’opera e sia al momento della presentazione della domanda.
 
Note
 
[1] Con la Legge n. 1150 del 1942, art. 31, è stato introdotto l’obbligo di licenza edilizia limitatamente ai centri abitati e nelle zone di espansione dei PRG ove esistenti. Pertanto, salvo eventuali disposizioni di PRG, Programmi di Fabbricazione e Regolamenti Edilizi, fuori dai centri abitati  non c’era l’obbligo della licenza edilizia dal 1942 al 1967. Solo con l’art. 10 della L. 765/1967 (che ha sostituito il suddetto art. 31 a decorrere dal 01/09/1967), l’obbligo di premunirsi della licenza edilizia è stato esteso a tutto il territorio comunale e quindi anche alle zone fuori del centro abitato.