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Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio dell’assessore comunale all’urbanistica: scatta il danno all’immagine

Il comportamento dell’assessore all’urbanistica del Comune che viene condannato per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio è foriero anche di danno all’immagine dell’ente locale
 

14 NOVEMBRE 2022

Il comportamento dell’assessore all’urbanistica del Comune che viene condannato per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio è foriero anche di danno all’immagine dell’ente locale: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Lombardia, nella sent. n 254/2022, depositata lo scorso 9 novembre.
 
La questione
Nel caso specifico, un assessore era stato condannato per avere intenzionalmente favorito l’illegittima modifica della destinazione – da agricola a commerciale – di un’area di proprietà di una società al fine di edificarvi un grosso centro commerciale, ottenendo in cambio del suo fattivo interessamento diverse utilità economiche.
 
Secondo la Corte, a seguito della condanna penale, non può esserci dubbio sui fatti addebitati, considerati “gravi ed altamente disdicevoli”, commessi dall’assessore comunale nell’esercizio delle sue funzioni, volte all’ottenimento di utilità personali anziché al perseguimento dell’interesse pubblico; parimenti, non può esserci dubbio neanche sul fatto che gli stessi “siano palesemente lesivi del prestigio del predetto Ente locale avendo essi arrecato un rilevante vulnus alla fiducia che i cittadini dovrebbero riporre in ordine al corretto esercizio dell’attività amministrativa”.
 
I giudici hanno evidenziato che il danno all’immagine è direttamente proporzionale alla vasta eco data alla vicenda di corruzione e tangenti dai mass media e, di conseguenza, presso l’opinione pubblica: “il rilevante strepitus fori legato alla notizia, se è vero che è dipeso anche dal coinvolgimento nel procedimento penale di un politico noto a livello regionale, è indubitabilmente dovuto al fatto che il […]non è nuovo al coinvolgimento in siffatte situazioni illecite […] e che il medesimo soggetto interloquiva ed aveva una fitta rete di rapporti a fini di corruttela con tale personaggio e con imprenditori (come accertato nel processo penale concluso con la condanna di tutti i coimputati in concorso)”.
 
Il pregiudizio subìto dal Comune, quantificato dalla Procura rifacendosi al criterio del doppio delle somme indebitamente percepite (oltre interessi legali, dal giorno del deposito della sentenza e fino al pagamento) dall’assessore come corrispettivo dell’attività delittuosa da lui posta in essere, secondo la Corte, deve ritenersi equo e proporzionato alla gravità della condotta e al danno all’immagine arrecato. Peraltro, il criterio del c.d. “doppio tangentizio” era già utilizzato dalla giurisprudenza della Corte dei conti (in quanto da essa stessa creato) prima di essere espressamente codificato nell’art. 1, comma 1-sexies della legge n. 20/1994 per effetto dell’art. 1, comma 62, della Legge n. 190/2012: pertanto, nulla osta a che il giudice si possa rifare a tale criterio per pervenire ad una equa misurazione della somma da risarcire anche per fatti commessi prima dell’introduzione della citata Legge n. 190/2012.