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Configurabilità della rinuncia tacita all’usucapione

La Suprema Corte con ordinanza del 15 novembre 2022, n. 33618 stabilisce che gli accordi negoziali fatti dopo il decorso del termine per usucapire, non possono configurarsi come rinuncia alla stessa  
 

30 NOVEMBRE 2022

La Suprema Corte con la decisione in oggetto, ha massimizzato il seguente principio in diritto secondo cui: “gli accordi negoziali fatti dopo il decorso del termine per usucapire, non possono configurarsi come rinuncia all’usucapione, potendosi da essi desumersi anche soltanto una volontà del possessore di regolarizzare la propria posizione e di eliminare il contenzioso in atto, pur senza perdere il diritto ormai acquisito“.

 

Il Collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: “È configurabile rinuncia tacita all’usucapione soltanto allorché sussista incompatibilità assoluta fra il comportamento del possessore e la volontà del medesimo di avvalersi della causa di acquisto del diritto, senza possibilità di diversa interpretazione“.

 

La questione

Nel caso di specie, il Comune aveva citato in giudizio una società ristorante, chiedendo di accertare l’occupazione senza titolo, da parte della convenuta, dell’area di proprietà dello stesso, sita in fregio al lungomare. Il Tribunale aveva rigettato tale domanda ed aveva invece accolto l’istanza riconvenzionale della società in questione, dichiarando l’usucapione ventennale ex art. 1158 c.c. dell’area oggetto di causa. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione del giudice di prime cure.

 

Il Giudice di secondo grado, in particolare, aveva affermato che l’atto di transazione, sottoscritto tra il Comune (proprietario) e la società (possessore) quando era già maturata l’usucapione a favore di quest’ultima, non potesse interpretarsi come rinuncia ad avvalersi della suddetta causa di acquisto a titolo originario dei beni oggetto della controversia. Più in particolare, il fatto che l’efficacia della transazione fosse esplicitamente subordinata alla formalizzazione della concessione del diritto di superficie impediva di interpretarla come rinuncia ai diritti derivanti dalla già maturata usucapione.

Il Comune aveva quindi fatto ricorso in Cassazione, ribadendo come, invece, la sopra citata transazione dovesse necessariamente essere qualificata come “rinuncia tacita all’usucapione”.