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Ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione

La complessa evoluzione normativa che ha interessato la definizione di “ristrutturazione edilizia” con particolare riferimento all’intervento di “demo-ricostruzione”, è ripercorsa dal Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza del 18/1/2023 n. 616, che chiarisce l’applicazione del Testo Unico Edilizia nelle modifiche che si sono susseguite

3 FEBBRAIO 2023

di Valeria Tarroni
 
La complessa evoluzione normativa che ha interessato la definizione di “ristrutturazione edilizia” con particolare riferimento all’intervento di “demo-ricostruzione”, è ripercorsa dal Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza del 18/1/2023 n. 616, che chiarisce l’applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del dpr 380/2001 (Testo Unico Edilizia) nelle modifiche che si sono susseguite.
 
Evoluzione del concetto di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione
 
Prima dell’entrata in vigore del dpr 380/2001 secondo la definizione degli interventi delineata all’art. 31 L. 457/78, erano interventi di ristrutturazione edilizia “quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti”. Tale norma è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che “la nozione di ristrutturazione edilizia, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia fedele, cioè dia luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi, dovendo essere altrimenti l’intervento qualificato come di nuova costruzione”.
 
Con l’entrata in vigore del dpr n. 380/2001[1], l’art. 3, comma 1, lett. d) ha incluso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli “consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”. La norma prescriveva dunque la ricostruzione del fabbricato “fedele” quanto al rispetto della volumetria e della sagoma, non necessariamente anche nella tipologia.
 
Per rientrare nella nozione di ristrutturazione edilizia, le due operazioni “demolizione” e “ricostruzione”, dovevano avvenire in un unico contesto, cioè senza soluzione di continuità. In pratica, nel medesimo titolo edilizio, doveva essere prevista la ricostruzione previa demolizione.
 
Il requisito della contestualità delle due operazioni (demolizione e ricostruzione), chiariscono i giudici di Palazzo Spada, è stato intaccato con le modifiche apportate alla definizione di ristrutturazione edilizia (art. 3, comma 1, lett. d) del TUE), prima dal D.L. n. 69/2013[2], che ha inserito la possibilità di ricostruzione di edifici (o parti di essi) demoliti o crollati a condizione che sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Dunque non è più richiesto che la ricostruzione sia già programmata al momento della demolizione, ma può avvenire anche a distanza di tempo, in quanto può riguardare un edificio crollato o demolito. In tal caso la continuità che si perde sul piano temporale viene recuperata, dalla norma, con la reintroduzione del limite costituito dal rispetto della “preesistente consistenza” del fabbricato non più esistente.
 
Ed ancora: il requisito della continuità è stato intaccato con le modifiche introdotte dal D.L. n. 76/2020[3] che hanno disciplinato la ricostruzione di un edificio preesistente “con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico” ed ammesso, “nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.[4]
 
In definitiva, concludono i giudici di Palazzo Spada, l’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, include  nella ristrutturazione edilizia tre tipologie di demolizione e ricostruzione: (i) una connotata dalla unicità del contesto “temporale” di realizzazione dei vari interventi, con rispetto della volumetria preesistente; (ii) l’altra caratterizzata, all’opposto, dal fatto che la ricostruzione/ripristino risultava indipendente dalla demolizione, con possibilità di realizzare i due interventi anche a distanza di tempo, ma anche in questo caso con la necessità di rispettare la “preesistente consistenza”; (iii) da ultimo la demolizione seguita da ricostruzione in zone tutelate, connotata dal rispetto della “preesistente consistenza” indipendentemente dalla contestualità, o meno, dei due interventi, con la precisazione che a partire dalle modifiche introdotte nel 2020 il legislatore ha richiesto, in tal caso, il rispetto di “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”, cioè una ricostruzione assolutamente “fedele” all’edificio preesistente.
Il testo della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI,  n. 616/2023 è  visualizzabile sul sito: https://www.giustizia-amministrativa.it
 
Note
 
[1] Il dpr 380/2001 è entrato in vigore il 1/1/2022
 
[2] l’art. 30, co. 1, del D.L. 69/2013(“c.d. decreto del fare”) conv. con L. 98/2013 ha eliminato dalla definizione di “ristrutturazione edilizia” il requisito del rispetto della sagoma e mantenuto il rispetto della volumetria precedente. Si riporta la definizione come risultava modificata “Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente ”.
 
[3] Il D.L. 76/2020 “c.d. decreto semplificazioni” conv. con L. 120/2020  ha ampliato la definizione di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione “infedele” di un organismo edilizio, diverso per sagoma, superficie e volume dal preesistente e soggetto a permesso di costruire.
 
[4] Per gli immobili sottoposti a tutela ai sensi del del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (esclusi gli edifici sottoposti in aree tutelate ai sensi degli art. 136, commi 1, lett c) e d) e 142) la demo-ricostruzione è intervento di ristrutturazione edilizia solo se è fedele.