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SCIA in sanatoria: come si conclude il procedimento? Il pronunciamento del Consiglio di Stato tra diversi orientamenti

Analisi della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 1708 del 20 febbraio 2023

3 MARZO 2023

Di Valeria Tarroni

La normativa


La SCIA in sanatoria consente di regolarizzare le opere realizzate in assenza o in difformità dalla SCIA ordinaria, prescritta per gli interventi edilizi di cui all’art. 22, commi 1 e 2, del dpr n. 380/2001  “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.

La disciplina è contenuta nell’art. 37, comma 4, del dpr n. 380/2001 il quale prevede che: “Ove l'intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono ottenere la sanatoria dell'intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all'aumento di valore dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio.” 
 
La sanatoria può essere dunque presentata dal responsabile dell’abuso o dal proprietario dell’immobile. L’esito favorevole del procedimento è subordinato alla verifica della doppia conformità dell’abuso alla disciplina urbanistica ed edilizia, vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento e sia al momento della presentazione della domanda, oltre al versamento di una somma non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.  
 
L’art. 37, comma 4, non fissa il termine entro il quale il competente ufficio comunale deve pronunciarsi sulla sanatoria e non qualifica il silenzio serbato dell’Amministrazione, generando così diverse interpretazioni (silenzio-assenso; silenzio-rigetto; silenzio-inadempimento).
 
Invece, per la sanatoria di opere realizzate in assenza o in difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso, vige la regola del silenzio-rigetto o silenzio-diniego, in quanto  l’art. 36 del medesimo dpr 380/2001, al comma 3, dispone che laddove l’amministrazione non si pronunci entro il termine di sessanta giorni l’istanza si intende rifiutata.
 
La qualificazione del silenzio tenuto dall’amministrazione sulla SCIA in sanatoria.

L’art. 37, comma 4 del dpr 380/2001,  non indica come si forma la sanatoria. 
Il punto in sostanza è, se l’effetto sanante sia conseguente al semplice deposito senza che intervenga un provvedimento inibitorio (silenzio-assenso), oppure se occorra un provvedimento espresso. In quest’ultimo caso come deve essere inteso il silenzio tenuto dall’Amministrazione: silenzio-rigetto o silenzio-inadempimento?
 
Sul punto la giurisprudenza si è espressa con orientamenti non univoci di cui dà conto il Consiglio di Stato, Sez. II, nella sentenza n. 1708 del 20/2/2023.
 
Si riassume brevemente, negli aspetti salienti e per quanto qui utile, il caso trattato dai giudici di Palazzo Spada. 
 
Un privato presentava una SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37, comma 4, del dpr 380/2001 per opere già sottoposte ad una ordinanza di demolizione. Le opere abusive venivano inquadrate fra quelle soggette al regime della SCIA, com’era peraltro riconosciuto anche dal Comune nell’ordinanza di demolizione. 
Poiché il procedimento repressivo degli abusi non veniva concluso, il controinteressato dopo diffida all’amministrazione, adiva il TAR ed otteneva la nomina di un commissario ad acta.
 
Il commissario si insediava ed adottava un provvedimento con cui disponeva, tra l’altro, ai sensi dell'art. 31 D.P.R.380/2001, l'acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi oggetto dell’ordinanza di demolizione, provvedimento che veniva impugnato. 
 
Il provvedimento di acquisizione è contestato in quanto emesso in pendenza della presentazione di una SCIA in sanatoria, che avrebbe dovuto comportare la sospensione temporanea dell’ordinanza di demolizione (e a maggior ragione degli atti conseguenti) fino alla definizione della sanatoria stessa.
 
Il punto centrale della questione giuridica verte sulla qualificazione da attribuire al silenzio tenuto dall’amministrazione sulla SCIA in sanatoria presentata ex art. 37, comma 4.
 
Gli orientamenti della giurisprudenza
 
Come già anticipato in precedenza nel richiamo alla normativa, l’art. 37, comma 4, nulla dispone sulla definizione del procedimento della SCIA in sanatoria, diversamente dall’art. 36 per la sanatoria di opere in assenza o difformità dal permesso di costruire, che qualifica il silenzio dell’amministrazione come silenzio-rifiuto o silenzio-rigetto.
 
In giurisprudenza si sono formati diversi orientamenti:
  • per un primo orientamento il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di SCIA in sanatoria art. 37, comma 4, è da qualificare silenzio-rigetto come previsto per l’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36. Ne consegue che se l’amministrazione non si pronuncia nel termine di legge, l’interessato ha l’onere di impugnare il silenzio-rigetto per evitare che si consolidi una situazione lesiva a proprio sfavore;
  • per un secondo orientamento il silenzio dell’amministrazione è da qualificare come silenzio-assenso. Trattandosi comunque di una SCIA, la regolarizzazione si conseguirebbe per decorso del termine di legge, senza necessità di alcun provvedimento espresso;
  • per un terzo orientamento, il silenzio è da qualificare silenzio-inadempimento, in quanto il procedimento può dirsi favorevolmente concluso solo quando l’interessato abbia ottenuto un provvedimento espresso ed abbia versato la somma dovuta. 
Il Consiglio di Stato aderisce a quest’ultimo orientamento e dunque configura silenzio-inadempimento l’inerzia dell’amministrazione, per le seguenti considerazioni:
  • l’art. 37 a differenza dell’art. 36, non attribuisce alcuna qualificazione esplicita al silenzio;
  • per concludere la procedura di sanatoria occorre un provvedimento espresso di quantificazione e applicazione della sanzione pecuniaria, stabilita dal responsabile di procedimento sulla base della valutazione dell’Agenzia del Territorio;
  • a differenza della SCIA ordinaria per opere ancora da realizzare, nella sanatoria il Comune deve pronunciarsi sull’esistenza dei presupposti di natura urbanistico-edilizia e verificare la doppia conformità delle opere; qualora la sanatoria non sia ammissibile, deve esercitare il potere inibitorio o repressivo.
Breve considerazione conclusiva: i pronunciamenti non univoci della giurisprudenza generano per Comuni e privati parecchia incertezza. E’ evidente pertanto che ottenendo un provvedimento espresso di accertamento di conformità si elimina ogni incertezza e contestazione presente e futura, sullo stato legittimo dell’immobile. 

Aderendo all’orientamento del Consiglio di Stato, in caso di inerzia dell’amministrazione sulla presentazione della SCIA in sanatoria e dunque di silenzio-inadempimento, l’interessato sarà onerato di adire il giudice per ottenere l'accertamento dell'illegittimità della condotta omissiva dell'amministrazione nonché la declaratoria dell'obbligo di provvedere e, in caso di perdurante inadempimento la nomina di un commissario ad acta.
 
Il testo della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. II n. 1708/2023 è  visualizzabile sul sito: https://www.giustizia-amministrativa.it