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Ultrattività residuale dei piani particolareggiati scaduti

Analisi della sentenza del TAR Brescia del 7 agosto 2023, n. 664

4 SETTEMBRE 2023

di Valeria Tarroni

L’ultrattività residuale dei piani particolareggiati decaduti per decorso del termine, è disciplinata dall'art. 17, comma 1, L. 17 agosto 1942, n. 1150 “Legge Urbanistica”, per effetto del quale “decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabilitiultratti dal piano stesso”.
L’interpretazione giurisprudenziale costante della norma predetta, in un’ottica costituzionalmente orientata, ha chiarito che la decadenza del piano attuativo alla scadenza del termine massimo fissato dalla legge in anni dieci o di quello minore stabilito nella delibera di approvazione, non determina automaticamente l’inedificabilità delle aree e il blocco di tutte le attività costruttive della zona.
La norma assolve ad una duplice funzione: da un lato preclude che la proroga sine die di piani attuativi scaduti, mai avviati o rimasti del tutto o in parte inattuati (e ormai obsoleti o non più conformi alle mutate esigenze urbanistiche) comporti la paralisi urbanistica del comparto. Dall’altro, oltre a salvare le opere già realizzate, consente l’ultimazione delle opere di urbanizzazione in corso e l’ulteriore edificazione in conformità alle prescrizioni urbanistiche del piano regolatore, del piano attuativo e della convenzione urbanistica, al fine di evitare un danno urbanistico/ambientale maggiore rispetto a quello cagionato dalla visione della incompiutezza delle opere.
E dunque: il piano attuativo correttamente avviato e in gran parte attuato, alla scadenza dei termini "diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione”. In tal caso, le aree non risultano prive di regolamentazione urbanistica in quanto sopravvivono con efficacia ultrattiva le previsioni del piano medesimo “rimanendo fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso".
Ultrattività residuale fino a nuovo assetto urbanistico dell’area
Riportata la disposizione generale di cui all’art. 17, comma 1 L. 1150/42 e l’interpretazione chiarita e ribadita dalla giurisprudenza, si pongono le seguenti domande:
l’ultrattività residuale delle previsioni urbanistiche di un piano attuativo scaduto, fino a quando può durare? Il privato vanta un legittimo affidamento qualificato rispetto alla facoltà dell’amministrazione di modificare le previsioni urbanistiche del piano scaduto?
La risposta la si desume dalla sentenza del Tar Brescia, Sez. I, n. 664/2023, che si ritiene condivisibile e da cui si riportano i passaggi salienti:
“L’ultrattività dei piani particolareggiati prevista dall’art. 17 della L. 1150/1942 è predicabile solo nel periodo intercorrente tra la scadenza del piano e l’approvazione di una disciplina urbanistica del comparto, intervenuta la quale, peraltro, è solo quest’ultima a trovare applicazione: è stato affermato, al riguardo, che “L'imposizione del termine di dieci anni, per l'efficacia dei piani particolareggiati, va intesa nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l'autorità competente riacquista il potere — dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate” (TAR Brescia, sez. II, 05.09.19 n. 795).
Né è rilevabile alcun legittimo affidamento delle società ricorrenti in ordine all’applicazione della previgente disciplina urbanistica, dal momento che, secondo consolidati principi giurisprudenziale, “In sede di pianificazione del territorio, la discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone per quanto riguarda le scelte in ordine alle destinazioni dei suoli è talmente ampia da non richiedere una particolare motivazione, al di là di quella ricavabile dai criteri e principi generali che ispirano il P.R.G., potendosi derogare a tale regola solo in presenza di specifiche situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo, ravvisabili, ad esempio, nell'esistenza di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, di giudicato di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio - rifiuto su domanda di concessione e, infine, nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. In mancanza di tali eventi non è configurabile un'aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria non peggiorativa o migliorativa di quella pregressa, ma solo un'aspettativa generica analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri all'utilizzazione più proficua dell'immobile, posizione cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell'Amministrazione” (T.A.R. Brescia, sez. II, 10/03/2022, n.238).

Il testo della sentenza è visualizzabile sul sito:
https://www.giustizia-
amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=tar_bs&nrg=20200028
9&nomeFile=202300664_01.html&subDir=Provvedimenti