12 GIUGNO 2025
In tema di lottizzazione abusiva, la Corte di Cassazione(Sez. III pen.), con la sentenza n. 19329 del 23 maggio 2025 chiarisce che l’estinzione del reato nell’ambito della messa alla prova non può prescindere da un elemento imprescindibile: l’eliminazione effettiva e integrale degli effetti dell’illecito urbanistico. Non basta la prestazione di lavori di pubblica utilità se non è accompagnata dalla rimozione degli abusi edilizi o dalla loro regolarizzazione.
La pronuncia giunge a seguito del ricorso del procuratore generale presso la Corte d’appello di Cagliari, che ha contestato l’ammissione alla prova da parte del Tribunale di Sassari, lamentando l’assenza di prescrizioni dirette alla rimozione delle conseguenze dannose del reato. L’ammissione prevedeva esclusivamente attività di lavoro di pubblica utilità, senza però considerare gli obblighi di ripristino urbanistico.
Secondo il Supremo Collegio, la previsione normativa impone che tali attività integrino e non sostituiscano l’obbligo di eliminare gli effetti materiali dell’illecito. Applicando questo principio al caso della lottizzazione abusiva, ciò significa che il giudice avrebbe dovuto verificare l’avvenuta demolizione o sanatoria delle opere abusive, in assenza della quale la messa alla prova è inammissibile.
La Cassazione richiama i principi già consolidati in materia: solo la piena ricomposizione dello stato dei luoghi – fondiaria e catastale – consente di evitare la confisca dei terreni ai sensi dell’art. 1 Prot. 1 della CEDU. La stessa logica vale per l’ammissione alla prova: nessuna estinzione del reato può avvenire senza una verifica sostanziale del ripristino, non surrogabile da prestazioni alternative.
In definitiva, la pronuncia rafforza la lettura secondo cui la tutela dell’assetto del territorio resta prioritaria anche nel quadro delle misure alternative al processo, a presidio dell’interesse pubblico urbanistico e paesaggistico.