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Onere probatorio della data di realizzazione di un abuso edilizio e temperamento della regola generale

L’onere della prova dell’epoca di realizzazione di un immobile abusivo, allo scopo di dimostrare se esso rientri tra quelli che possono ottenere una sanatoria edilizia ovvero fra quelli realizzati in epoca in cui non era richiesto il titolo edilizio, è a carico del privato. 

17 SETTEMBRE 2025

di Valeria Tarroni

Nota a: Consiglio di Stato, (Sez. VII), sentenza 8 settembre 2025 n. 7239
Ricostruire lo stato legittimo di un immobile, oppure dimostrare che la sua realizzazione è avvenuta in un’epoca in cui non era richiesto il titolo edilizio è un tema che ricorre ogni volta che deve essere presentata in Comune una pratica edilizia per nuovi interventi o per una sanatoria, o in caso di avvio di un procedimento sanzionatorio per abusi edilizi. 
La legge 765/1967 c.d. “Legge Ponte” (in vigore dal 1° settembre 1967), ha esteso l’obbligo della licenza edilizia a tutto il territorio comunale. In precedenza, la L. 1150/1942 “Legge urbanistica” prevedeva l’obbligo della licenza edilizia per zone urbanizzate e centri abitati. Ante L. 1150/1942 alcuni Comuni si erano dotati di regolamenti edilizi che subordinavano a preventivo nulla osta la realizzazione di opere.

L’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Dpr n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia), prevede due differenti casi in cui il titolo abilitativo può mancare:

  • immobile realizzato quando il titolo edilizio non era obbligatorio;
  • titolo non reperibile ma sussista il principio di prova della legittimità dell’opera.

In tali casi, lo stato legittimo può essere dimostrato con:

  • documenti catastali di primo impianto;
  • fotografie;
  • atti notarili;
  • estratti cartografici;
  • altra documentazione attendibile (es. fatture, relazioni tecniche…).

In caso di richiesta di sanatoria edilizia, ai sensi dell’art. 36 del dpr 380/2001, l’epoca di realizzazione dell’opera è necessaria per verificare la conformità alla disciplina urbanistica e edilizia vigente sia al momento della realizzazione e sia al momento della presentazione della domanda. 
La sentenza del Consiglio di Stato n. 7239/2025 è di interesse generale in quanto, senza entrare nel merito del caso particolare oggetto della contestazione, conferma il consolidato orientamento della giurisprudenza sulla regola generale dell’onere della prova della data di realizzazione di un’opera abusiva in capo al privato interessato e sul temperamento della regola generale “secondo ragionevolezza”.
 

Onere della prova di realizzazione delle opere abusive. Regola generale

L'onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell'immobile abusivo grava sul privato in quanto, solo l'interessato, può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto[1] e del carattere non abusivo di un’opera edilizia, in ragione dell’eventuale preesistenza rispetto all’epoca dell'introduzione di un determinato regime autorizzatorio dello ius aedificandi.
Le prove devono essere alquanto rigorose, non essendo sufficienti delle mere dichiarazioni sostitutive di atto notorio, per cui, in mancanza di prove certe, l'amministrazione può negare la sanatoria dell'abuso, rimanendo integro il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria[2].
Le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate, non hanno alcuna rilevanza e possono costituire solo un mero indizio ma servono altri elementi precisi e concordanti (aerofotogrammetrie, foto, risultanze catastali ….).[3]
 

Temperamento della regola generale dell’onere probatorio


Alla regola generale e rigorosa sull’onere della prova, va ammesso un temperamento “secondo ragionevolezza” nel caso in cui, il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento ad una certa data, elementi rilevanti (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti).
Se l’amministrazione intende contestare le prove fornite dal privato, si inverte l’onere probatorio e dovrà essere l’amministrazione stessa a fornire prove contrarie attraverso elementi oggettivi altrettanto validi.
In tal caso, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, desumendo la probabile data di tale ultimazione dei lavori da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici erano scarsi.[4]
Ma solo la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione.[5]
In sostanza
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, nel caso in cui la risalenza nel tempo di manufatti abusivi renda impossibile la prova dell’epoca di realizzazione con atti o documenti inconfutabili, ma tuttavia il privato abbia fornito elementi probatori (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti) “non implausibili”, ovvero dotati di alto grado di plausibilità[6], anche qualora non sia raggiunta la certezza sulla data delle opere in contestazione (ma sia più probabile che non), l’onere della prova contraria è trasferita in capo all’amministrazione comunale.
Se l’amministrazione intende contestare le prove fornite dal privato, deve fornire prove contrarie, oggettive e altrettanto valide.
L’inversione dell'onere probatorio rappresenta un importante temperamento, “secondo ragionevolezza”, del principio generale volto a garantire un giusto equilibrio tra le parti e ad evitare posizioni di svantaggio eccessivo per il cittadino.
In tali circostanze, l’ordinanza di demolizione che venisse assunta senza una istruttoria adeguata e senza indicare elementi oggettivi a sostegno della prova contraria, non sarebbe legittima e in caso di ricorso verrebbe annullata per difetto di istruttoria.


[1] cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2115; Sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696; id., 5 marzo 2018, n. 1391.
[2] Cons. Stato, Sez. II, 4 gennaio 2021, n. 80; 19 novembre 2020, n. 7198; 9 ottobre 2020, n. 5994.
[3] Cons. Stato, sentenza n. 4995/2024.
[4] Cons. Stato, Sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3304; id. 13 novembre 2018 n. 6360; id. 19 ottobre 2018 n. 5988; id. 18 luglio 2016 n. 3177.
[5] cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2018 n. 5984; id. VI, 11 giugno 2018, n. 3527; id. VI, 14 maggio 2019, n. 3133.
[6] Cons.  Stato, 29 luglio 2020 n. 4833.