Legittimo multare chi parcheggia la bicicletta dove capita: la recente giurisprudenza
Sempre più Comuni hanno adottato regolamenti per impedire la sosta delle biciclette dove non regolamentata e in contrasto al decoro pubblico
22 OTTOBRE 2025
Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 17 luglio 2025 n. 7353, viene confermata la legittimità del regolamento comunale di polizia e sicurezza urbana nella parte in cui vieta di incatenare biciclette e altri mezzi a infrastrutture pubbliche non destinate allo scopo. L’appello di un’associazione è stato respinto: il Collegio ha chiarito che la norma tutela il decoro urbano e la vivibilità degli spazi pubblici, senza introdurre nuove ipotesi di divieto di sosta o violare le disposizioni del Codice della strada.
Il divieto di incatenamento delle biciclette nei regolamenti di polizia urbana
Un’associazione di promozione della mobilità sostenibile ha impugnato un regolamento comunale di polizia e sicurezza urbana, contestando due disposizioni:
1) l’art. 19, comma 1, lett. b), che vieta di incatenare biciclette, ciclomotori e motocicli a infrastrutture pubbliche non destinate allo scopo;
2) l’art. 27, che prevede una sanzione amministrativa da 75 a 500 euro e, in alcune aree, misure aggiuntive previste dal decreto-legge 14/2017, convertito nella legge 48/2017.
L’associazione lamentava che il divieto fosse discriminatorio e sproporzionato, penalizzando gli utenti deboli rispetto agli automobilisti e scoraggiando l’uso della bicicletta come mezzo ecologico. Il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso, e l’associazione ha proposto appello al Consiglio di Stato.
Il decoro urbano come interesse pubblico autonomo
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, chiarendo che il divieto di incatenamento non disciplina la sosta dei veicoli, ma riguarda una condotta lesiva del decoro e della fruibilità dello spazio urbano. La norma si riferisce alle infrastrutture pubbliche non destinate alla sosta – come marciapiedi, arredi, scale, portici o recinzioni di monumenti – dove la sosta è già generalmente vietata. Il divieto, pertanto, non entra in conflitto con gli articoli 157 e 158 del Codice della strada e non determina discriminazioni tra categorie di utenti, essendo
fondato su finalità di ordine, sicurezza e tutela estetica dell’ambiente urbano.
Ragionevolezza, proporzionalità e discrezionalità amministrativa
Il Collegio ha escluso anche la contraddizione con gli obiettivi del Piano urbano della mobilità sostenibile (PUMS), osservando che tali finalità devono essere
bilanciate con altri interessi pubblici, come la sicurezza, la rapidità della circolazione e il rispetto del contesto urbano.
Il giudice amministrativo ha inoltre ribadito che il sindacato del Consiglio di Stato non può sostituirsi alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione, ma solo verificarne la ragionevolezza e la proporzionalità.
Nel caso in esame, la scelta regolamentare è stata ritenuta legittima perché:
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non limita la libertà di sosta delle biciclette in aree idonee;
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evita l’accumulo disordinato di mezzi su arredi e infrastrutture pubbliche;
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è coerente con le finalità di tutela del decoro e della sicurezza dei cittadini.
Sanzioni e ordine di allontanamento: limiti e proporzionalità
Il Consiglio di Stato ha chiarito che le sanzioni previste dal regolamento non sono eccessive né generalizzate. L’aggravamento della sanzione pecuniaria – e l’eventuale ordine di allontanamento previsto dall’art. 10 del D.L. 14/2017 – si applicano soltanto nei casi in cui il comportamento costituisca un impedimento alla fruizione degli spazi pubblici. La proporzionalità della sanzione dovrà essere valutata caso per caso, in sede di applicazione concreta del provvedimento sanzionatorio.