Permesso di costruire in sanatoria: non estingue il reato edilizio già giudicato
La Corte di Cassazione, (Sez. pen.), con la sentenza del 15 ottobre 2025, n. 33796, ribadisce: la sanatoria condizionata non cancella le responsabilità penali. Il titolo edilizio può avere effetto solo se l’opera era conforme fin dall’origine
23 OTTOBRE 2025
Un permesso di costruire in sanatoria non può cancellare un reato edilizio già accertato in via definitiva. È questo il principio riaffermato dalla Corte di Cassazione, (Sez. pen.), con la sentenza del 15 ottobre 2025, n. 33796, che respinge il ricorso di una cittadina siciliana condannata per reati edilizi e paesaggistici. La Terza sezione ha chiarito che la sanatoria urbanistica produce effetti solo quando l’intervento è conforme alla normativa vigente sin dall’inizio, e non quando il rilascio del titolo è subordinato a interventi correttivi o integrativi.
Il caso concreto: la scala condonata e la condanna
La vicenda nasce da un ordine di demolizione relativo a un immobile costruito senza titolo abilitativo. La donna, destinataria della misura, aveva già subito una condanna penale passata in giudicato per violazioni edilizie e paesaggistiche, confermata in appello dalla Corte di Palermo. Durante il processo, tuttavia, il Comune aveva rilasciato un
permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di ulteriori opere di completamento. Secondo la difesa, tale atto amministrativo avrebbe dovuto “elidere” gli effetti penali della condanna, in quanto espressione della volontà del Comune di regolarizzare l’intervento.
La posizione della Cassazione: sanatoria inefficace sul piano penale
I giudici di legittimità hanno respinto in modo netto questa tesi. La
sanatoria edilizia non può incidere su una sentenza penale definitiva, né estinguere un reato già accertato. Inoltre, nel caso di specie, il permesso comunale non costituiva una sanatoria piena: era infatti subordinato a prescrizioni mai adempiute dalla ricorrente.
Come ricordato dalla Cassazione,
il rilascio di un titolo edilizio in sanatoria presuppone che l’opera fosse già conforme alla disciplina urbanistica e paesaggistica vigente. Se l’autorizzazione interviene a condizione che vengano eseguiti ulteriori lavori per adeguare l’immobile, manca la condizione essenziale per l’estinzione del reato: la conformità originaria.
La Corte ha quindi confermato la valutazione di illegittimità dell’atto comunale, dichiarandolo «inidoneo a elidere la rilevanza penale delle condotte poste in essere sino a quel momento». Di conseguenza, l’ordine di demolizione resta pienamente efficace, così come la condanna penale.
Inammissibile anche il nuovo ricorso
In un tentativo successivo, la donna aveva chiesto al Comune la revoca in autotutela del permesso rilasciato, e sulla base del rigetto dell’istanza aveva presentato un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che si trattasse di un “fatto nuovo” idoneo a riaprire il giudizio. Anche in questo caso, però,
la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, osservando che l’atto di rigetto non introduceva alcun elemento innovativo: confermava semplicemente una situazione già consolidata, ossia il rilascio del titolo edilizio condizionato e inefficace.
La pronuncia conferma un principio fermo nella giurisprudenza penale:
l’effetto estintivo del reato edilizio può derivare solo da una sanatoria reale e completa, fondata sulla piena conformità dell’opera alle norme urbanistiche e paesaggistiche. In mancanza di tali condizioni, anche un permesso comunale non può neutralizzare la responsabilità penale né impedire l’esecuzione della demolizione.
Una lezione chiara per amministrazioni e cittadini:
la regolarizzazione postuma non sempre salva dal reato, soprattutto quando il titolo edilizio non è pienamente legittimo o resta subordinato a prescrizioni non adempiute.