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Contraffazione prodotti alimentari

22 APRILE 2024

Il secondo comma dell’art. 33 della legge 82/2006 sanziona la condotta di chi, nella fase della vinificazione o della successiva manipolazione del prodotto, impiega in tutto o in parte prodotti non consentiti, quali alcol, zuccheri o materie zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall’uva fresca anche leggermente appassita. La condotta descritta dall’art. 516 cod. pen., invece, prescinde da ogni attività di adulterazione del prodotto (in sé considerata) e attiene alla sola (successiva) fase della commercializzazione. Si tratta, quindi, di due fattispecie differenti, che hanno in comune solo l’oggetto materiale del reato (il vino adulterato, quale sostanza alimentare non genuina), ma che divergono radicalmente nella descrizione della condotta: l’una afferente alla pregressa fase della adulterazione e, l’altra, a quella successiva della commercializzazione.  
L’effettiva commercializzazione, intesa come concreto trasferimento del prodotto, è condotta estranea al perimetro normativo delineato dall’art. 516, per la cui consumazione, invece, è sufficiente che il prodotto non genuino sia tenuto in un locale qualsiasi a disposizione però degli eventuali acquirenti.
Il delitto previsto dall’art. 517-quater cod. pen. sanziona la condotta di contraffazione o alterazione dei segni distintivi (indicazioni e denominazioni) di origine geografica e, al secondo comma, quella di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, offerta in vendita diretta ai consumatori e messa in circolazione dei prodotti con i segni mendaci; non richiede, tuttavia, che l’origine del prodotto agroalimentare sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 d. Igs. n. 30 del 2005 (codice della proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo. Cosicché, potendo la relativa contraffazione integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 cod. pen., le due norme possono concorrere.
Corte di Cassazione Penale sez. V 4/4/2024 n. 13767