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Il Consiglio di Stato ammette l’avvalimento premiale per la certificazione della parità di genere

21 LUGLIO 2025

D.lgs. n. 36/2023 – Appalti pubblici – Avvalimento premiale – Avvalimento partecipativo – Avvalimento misto – Certificazione della parità di genere – Qualità aziendale – Contratto di avvalimento – T.R.G.A. Bolzano – Art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006 – Processo aziendale – Favor partecipationis – Unione europea – Principio di concorrenza – Miglioramento dell’offerta – Art. 104 del d.lgs. n. 36/2023 – Art. 108, comma 7, del d.lgs. n. 36/2023 – Prassi UNI/PdR 125:2022 – Accesso al mercato – D.lgs. n. 50/2016

 
Consiglio di Stato, sez. VI, 18 giugno 2025, n. 5345
 
La certificazione de qua, rilasciata da organismi accreditati, attesta, quindi, l’adozione all’interno di un’azienda di un sistema di gestione conforme ad una specifica prassi (la UNI/PdR 125:2022) ed attiene, pertanto, all’organizzazione ed ai processi aziendali comprovando che si è prescelto un assetto di questi in grado di assicurare inclusione ed equità di genere.
Ciò ne fa un attributo del compendio aziendale (inteso ex art. 2555 c.c. quale “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”), esportabile, come tale, nella sua oggettività da un’impresa all’altra.
La vicinanza, pur nelle sue indubbie specificità, della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 alla figura del “certificato di qualità” si percepisce, peraltro, con chiarezza dalla simmetria con la formulazione letterale dell’attuale Allegato II.8 del nuovo Codice (che ha sostituito l’art. 87, comma 3 del d.lgs. n. 50 del 2016) il quale, al suo punto I, definisce il secondo come il “certificato rilasciato da un organismo di valutazione di conformità quale mezzo di prova di conformità dell’offerta ai requisiti o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazione o alle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto”.
Non può, del resto, sfuggire che l’art. 108, comma 7, ultimo periodo, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici ha inteso menzionare espressamente il possesso della certificazione della parità di genere come criterio premiale di aggiudicazione.
Né dalla diposizione da ultimo citata possono trarsi, come invece sostenuto da parte appellata, argomenti contrari alla tesi che qui si è voluto accogliere.
E, infatti, l’art. 108, comma 7, ultimo periodo, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (secondo cui “Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”) si limita a imporre alle stazioni appaltanti la previsione di un criterio premiale di aggiudicazione legato al possesso della certificazione della parità di genere senza, tuttavia, prescriverne il necessario possesso diretto.
V’è, peraltro, da ritenere, che se il legislatore avesse inteso introdurre un divieto di avvalimento “premiale” rispetto a tale particolare figura di certificazione lo avrebbe fatto in maniera espressa intervenendo nella sede materiale più opportuna (e cioè sulla disciplina dell’avvalimento ex art. 104 e non anche su quella generale in materia di criteri di aggiudicazione).

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