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Buoni pasto, nessuna ritenuta anche in modalità “smart working”

1 MARZO 2021

Con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021 l’Agenzia delle entrate chiarisce quale sia il corretto trattamento fiscale cui sottoporre i servizi sostitutivi delle somministrazioni di vitto ai dipendenti che svolgono l’attività in modalità di “lavoro agile”.

Un ente bilaterale, per arginare la diffusione del Coronavirus e limitare i contagi all’interno degli ambienti lavorativi, da aprile 2020 ha introdotto lo smart working come prestazione lavorativa per i propri dipendenti. L’istante chiede se i buoni pasto assegnati ai “lavoratori agili” in sostituzione del servizio mensa concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente e se, in tal caso, in qualità di sostituto di imposta, sia tenuto a operare la relativa ritenuta d’acconto Irpef.

L’ente ritiene che i buoni pasto erogati, in smart working come in presenza, non vadano sottoposti a ritenuta d’acconto perché non rappresentano, salvo eccezioni, una parte della retribuzione corrisposta al lavoratore (articolo 6, comma 3, Dl n. 333/1992), ma rientrano tra i servizi sostitutivi della mensa e in quanto tali parzialmente esenti, secondo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera c) Tuir).

L’Agenzia delle entrate condivide la soluzione dell’ente e articola la sua risposta riagganciandosi, in primis, proprio a quest’ultima disposizione nominata dall’istante. La norma esenta dall’imposta sui redditi, per intero o in parte, la somministrazione diretta (anche tramite terzi) dei pasti, o anche le indennità o le prestazioni sostitutive della mensa come i buoni pasto, esenti fino a 4 euro giornalieri se cartacei, fino a 8 euro se elettronici.

Scopo dell’agevolazione è detassare le erogazioni ai dipendenti finalizzate a soddisfare le esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto (risoluzione n. 118/2006).

La prestazione di servizi sostitutivi di mensa, sotto forma di buoni pasto, ha rilevanza reddituale.