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La nozione di squilibrio strutturale che legittima il ricorso al piano di riequilibrio

1 SETTEMBRE 2021

Lo squilibrio di bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, richiamato dall’art. 243-bis del TUEL (decreto legislativo n. 267/2000) quale elemento che legittima il ricorso al piano di riequilibrio, si traduce nell’incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni secondo esigibilità, a causa della mancanza di risorse effettive a copertura della spesa e della correlata mancanza (o grave carenza) di liquidità disponibile, con la precisazione che tale squilibrio è “strutturale” quando il ripiano del deficit, sia esso da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio, esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi extra ordinem: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, SS.RR. in speciale composizione, nella sent. n. 9/2021/EL, depositata lo scorso 4 agosto, riprendendo quanto già affermato dalla Sezione per le Autonomie nella delib. n. 5/2018.

In ragione di ciò, secondo i giudici, l’utilizzo improprio dello strumento eccezionale e straordinario in luogo di quello ordinario (ripianamento negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura ai sensi dell’art. 188 TUEL) rende inammissibile il piano di riequilibrio per carenza dei presupposti di legge e ne preclude l’esame nel merito.