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La ritardata istruttoria ministeriale sul piano di riequilibrio rende impugnabile il diniego

21 OTTOBRE 2022

L’abnorme lasso temporale intercorso tra approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte del Comune e istruttoria ministeriale (nel caso specifico, circa sette anni) e successivo giudizio di omologazione da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti determina un’asistematica compressione delle fasi in cui dovrebbe articolarsi la procedura di approvazione e di monitoraggio dell’attuazione del piano, con la commistione, negli accertamenti effettuati dalla sezione regionale, di elementi caratterizzanti la valutazione concomitante/ex post propria della fase di verifica dell’attuazione del piano stesso: è quanto affermato dalla Corte dei conti, Sez. riun. in sede giurisd. in speciale composizione, nella sentenza n. 14/2022/EL, depositata lo scorso 28 settembre, annullando il diniego della sezione regionale della Corte e omologando il piano.

I giudici hanno evidenziato che, nonostante la natura non perentoria dei termini previsti dall’art. 243-quater per quanto concerne l’istruttoria ministeriale e la decisione della sezione regionale della Corte, “è evidente, tuttavia, che il predetto protrarsi, sul piano temporale, della procedura in esame, si presenta fortemente distonico con la ratio stessa della procedura di riequilibrio, con l’emersione di evidenti profili di criticità, che, però, non possono ridondare a danno dell’ente controllato”.

Su tale aspetto è utile ricordare che già nel 2018 la Sezione delle Autonomie, nelle Linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza (art. 243-quater, TUEL) approvate con Deliberazione n. 5/SEZAUT/2018/INPR, aveva messo chiaramente in luce che “nei primi cinque anni di applicazione della normativa, … la principale criticità emersa afferisce, proprio, alla estrema lunghezza della fase istruttoria. Condizione  che frustra l’essenza stessa del processo di risanamento, il quale, in quanto rimedio utile a prevenire il dissesto, non dovrebbe poter prescindere dalla celerità dell’applicazione del piano e dal sollecito esame dello stesso. Il trascorrere del tempo rende vetuste le misure di risanamento proposte nel piano e, dunque, inattendibile il complessivo percorso di riequilibrio, ma, soprattutto, aggrava la condizione di precarietà finanziaria dell’ente avvicinandolo alla configurazione del dissesto”.

Più di recente, la stessa Corte Costituzionale ha avuto modo di evidenziare (sent. n. 34/2021) che, in base a quanto previsto dall’art. 243-quater, comma 1, del TUEL, “è compito della Commissione per la stabilità finanziaria di cui all’art. 155 t.u. enti locali provvedere allo svolgimento dell’istruttoria entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano … Tale istruttoria è necessaria per consentire alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti di pronunciarsi – entro trenta giorni dalla data di ricezione della relazione finale della richiamata Commissione – sulla legittimità del piano di riequilibrio, ossia sulla sua congruità rispetto al fine di ripristinare l’equilibrio del bilancio,  sulla copertura della spesa nell’intero periodo di rientro, sul rispetto dei limiti di indebitamento che vietano di utilizzare i prestiti per la copertura della spesa corrente e, più in generale, sul rispetto dei vincoli di finanza pubblica nazionali, euro unitari e convenzionali … i controlli di legittimità-regolarità – sia quelli inerenti al dissesto, sia quelli sui bilanci preventivi e successivi – ove tempestivamente attivati, potrebbero interdire quelle disfunzioni degenerative dell’equilibrio dei bilanci che hanno indotto più volte il legislatore a intervenire per il prolungamento dei tempi di riequilibrio oltre quelli fisiologici fissati dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli artt. 1 e 2 della l. n. 42/2009” (in tal senso, sentenza n. 115/2020). Il complesso impianto normativo di riferimento muove dalla ratio unitaria di evitare il dissesto attraverso un fattivo e coerente comportamento economico-
finanziario dell’ente locale nel tempo ipotizzato di rientro dal deficit. In tale contesto teleologico rientra il controllo di legittimità-regolarità sui bilanci preventivi e successivi, poiché tale coerente comportamento nel tempo previsto per il risanamento deve trovare puntuale riscontro in ciascuno dei bilanci preventivi e successivi del predetto periodo
».

La Corte in speciale composizione, quindi, ha ritenuto rilevante ed accolto il motivo di impugnazione del diniego di omologazione del piano nella parte in cui censurava il tardivo esercizio delle prerogative istruttorie affidate alla Commissione per la stabilità finanziaria per gli enti locali ed i connessi riflessi sulla valutazione di insostenibilità del piano di riequilibrio da parte della sezione territoriale di controllo.