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Cambio di destinazione d’uso e oneri concessori

6 DICEMBRE 2019

’ANCI risponde al seguente quesito posto da un comune.

DOMANDA:

Si chiede di conoscere se per il cambio di destinazione d’uso di un locale dalla categoria catastale C1 (locali commerciali ed artigianali) alla categoria C2 (deposito), siano dovuti gli oneri di urbanizzazione a favore del Comune. Il fabbricato in questione è stato costruito nel 1967.

RISPOSTA:

Con riferimento al quesito posto, si osserva quanto segue. Preliminarmente, si rileva che la giurisprudenza è costante nell’affermare che il fondamento degli oneri di urbanizzazione (Legge n. 10/1977) non consiste nel titolo edilizio in sé, ma nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime secondo modalità eque per la comunità con la conseguenza che, anche nel caso di modificazione della destinazione d’uso, cui si correli un maggiore carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l’imposizione del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa; il mutamento, pertanto, è rilevante quando sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici (tra le tante, Consiglio di Stato, Sez. V, 30.08.2013, n. 4326; T.a.r. Campania, Napoli, Sez. VIII, 07.04.2016, n. 1769). La giurisprudenza, inoltre, nel ribadire che la funzione e la causa giuridica degli oneri di urbanizzazione sono quelle di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in riferimento alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, sicché l’unico criterio per determinare se gli oneri siano dovuti o meno consiste nel carico urbanistico derivante dall’attività edilizia, ha precisato che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti (Consiglio di Stato, Sez. VI, 07.05.2018, n. 2694). È stato altresì precisato che poiché l’assoggettamento agli oneri di urbanizzazione trova fondamento nel maggior carico urbanistico generato da un intervento edilizio, deve escludersi la suddetta imposizione quando l’intervento consista in un mutamento di destinazione d’uso che avvenga all’interno della stessa categoria funzionale mentre il pagamento è dovuto quando il mutamento di destinazione d’uso determini il passaggio ad una categoria funzionale autonoma avente maggiore carico urbanistico rispetto a quella pregressa (T.a.r. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 30.04.2018, n. 368). Per quanto riguarda l’individuazione delle categorie funzionali, preme rilevare che il legislatore, con l’art. 17, comma 1, lett. n), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, ha introdotto nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001) l’art. 23-ter, rubricato “Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”, che dispone quanto segue: “1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale. 2. La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile. 3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito”. L’Allegato A della Deliberazione G.R. Molise 25.03.2019, n. 92 contiene la seguente definizione di carico urbanistico: “Fabbisogno di dotazioni territoriali di un determinato immobile o insediamento in relazione alla sua entità e destinazione d’uso. Costituiscono variazione del carico urbanistico l’aumento o la riduzione di tale fabbisogno conseguenti all’attuazione di interventi urbanistico-edilizi ovvero a mutamenti di destinazione d’uso”. Tutto ciò premesso, venendo all’esame del caso di specie, si osserva che, per poter rispondere al quesito posto occorre verificare se il cambio di destinazione d’uso di un locale dalla categoria catastale C1 (locali commerciali ed artigianali) alla categoria C2 (deposito) costituisca un cambio di destinazione d’uso operato tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e, in caso affermativo, se tale passaggio avvenga ad una categoria funzionale autonoma avente maggiore carico urbanistico di quella originaria, oppure costituisca un cambio di destinazione d’uso operato all’interno della stessa categoria funzionale. Tra le categorie funzionali previste dal vigente art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001 (che, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, trova applicazione diretta qualora la Regione interessata – nel caso di specie, la Regione Molise – non abbia adeguato la propria legislazione ai principi di cui al suddetto articolo entro il termine di 90 giorni dalla sua entrata in vigore e che dunque costituisce la norma di riferimento ai fini della risposta al quesito in oggetto) non si rinviene in maniera espressa la destinazione a deposito di cui alla categoria catastale C2. Pertanto, occorre cercare di ricondurre la predetta destinazione a deposito in una delle categorie previste dalla predetta norma. A tal fine, potrebbe essere di aiuto la verifica dell’effettiva destinazione urbanistica dell’area in cui è situato l’immobile da assoggettare al cambio di destinazione d’uso, che si ritiene dunque opportuno che venga compiuta da parte di chi ha posto il quesito e che deve essere effettuata, in particolare, prendendo in esame le previsioni dello strumento urbanistico comunale vigente, alle quali non viene fatto alcun riferimento nel testo del quesito. Considerato che, in linea generale, l’attività di deposito e/o di magazzino produce ricchezza sul ricovero e sullo spostamento di oggetti/merci e non sulla loro creazione o produzione, si ritiene che la destinazione a deposito possa essere ricondotta alla categoria funzionale “commerciale” di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001. Occorrerà poi indagare a quale categoria funzionale corrisponda la destinazione d’uso “originaria” dell’immobile in questione. Al riguardo, considerato che il locale presenta una categoria catastale C1 (che corrisponde a “negozi e botteghe”), ferma restando la necessità, già sopra evidenziata, di verificare la destinazione urbanistica effettiva dell’area in cui l’immobile ricade, si ritiene che tale destinazione rientri anch’essa nella categoria funzionale “commerciale” di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001. Pertanto, considerato che, alla luce delle suddette considerazioni, il cambio di destinazione d’uso prospettato nel quesito, fermi restando gli opportuni approfondimenti da effettuare in base alle previsioni dello strumento urbanistico comunale vigente, pare suscettibile di essere qualificato come cambio di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale (commerciale), si ritiene di poter affermare, anche alla luce della giurisprudenza sopra citata, che non siano dovuti gli oneri di urbanizzazione. Ad ulteriore sostegno di quanto sopra, si osserva, inoltre, che peraltro il mutamento di destinazione d’uso da negozio a deposito (o magazzino) non pare comportare un incremento del carico urbanistico rispetto alla destinazione originaria.