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Concorsi pubblici: le richieste di accesso sproporzionato ai documenti, di altri candidati, possono essere ignorate

Il TAR Roma, (Sez. IV quater), con la sentenza del 3 aprile 2025, n. 6724, ha stabilito un importante principio riguardo alle richieste di accesso ai documenti di altri candidati nelle procedure concorsuali
 
 
 
 

17 LUGLIO 2025

Il TAR Roma, (Sez. IV quater), con la sentenza del 3 aprile 2025, n. 6724, ha stabilito un importante principio riguardo alle richieste di accesso ai documenti nelle procedure concorsuali. Il Tribunale ha infatti dichiarato che chi ritiene errata la propria valutazione da parte della commissione non può chiedere automaticamente copia di tutti i verbali, prove e documentazioni relative agli altri candidati che si sono classificati prima di lui in graduatoria, soprattutto in concorsi con un numero elevato di partecipanti.

Il caso del concorrente e la sua richiesta eccessiva

Nel caso specifico, un concorrente che si trovava in posizione 1673 in una lunga graduatoria, ritenendo errata la propria valutazione, aveva chiesto di visionare una vasta quantità di documenti. Questi comprendevano le dichiarazioni relative ai titoli di studio, di servizio e professionali degli altri candidati, così come la documentazione e i verbali relativi alle valutazioni individuali. La sua richiesta, però, non specificava documenti precisi ma piuttosto un numero elevato di atti generici che avrebbero comportato un carico di lavoro notevole per l’amministrazione.

La decisione del TAR

Il TAR ha bocciato la richiesta, ritenendo che fosse indeterminata e generica, e non avesse ad oggetto atti e documenti facilmente individuabili. L’amministrazione, infatti, non è obbligata a rispondere a richieste eccessivamente onerose o che potrebbero compromettere il buon andamento dei suoi uffici. Secondo il giudice amministrativo, quando la richiesta di accesso prevede un numero elevato di documenti, il pubblico interesse alla trasparenza deve essere bilanciato con l’efficienza dell’amministrazione, evitando carichi di lavoro irragionevoli che possano bloccare il suo corretto funzionamento.

Il principio fondamentale che emerge da questa sentenza riguarda il buon andamento dell’amministrazione pubblica: il diritto di accesso civico, previsto per garantire la trasparenza e l’informazione dei cittadini, non può diventare uno strumento che intralcia l’efficienza dell’amministrazione stessa. Se una richiesta è manifestamente sproporzionata o onerosa, l’amministrazione può rifiutarsi di soddisfarla, nel rispetto della buona fede e del divieto di abuso del diritto.
Un messaggio chiaro per le amministrazioni pubbliche e i cittadini
Questa sentenza offre un segnale importante: pur garantendo il diritto di accesso, le amministrazioni non sono obbligate a rispondere a richieste eccessive che compromettano il loro funzionamento. L’accesso civico generalizzato deve essere esercitato in modo responsabile e mirato, rispettando le finalità pubblicistiche di trasparenza e accesso all’informazione senza intralciare l’efficienza dell’apparato amministrativo. Il TAR di Roma, quindi, ribadisce che la buona fede e la proporzionalità sono principi cardine per l’esercizio dei diritti di accesso alle informazioni.