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La Corte costituzionale, con la sentenza del 16 ottobre 2025, n. 152, giudica legittima la misura, ma invita il legislatore a evitare squilibri e a garantire il coinvolgimento della Conferenza permanente

Un principio di trasparenza rafforza la parità di trattamento tra candidati. Le PA dovranno motivare puntualmente ogni diniego
 
 
 
 
 

22 OTTOBRE 2025

Con l’ordinanza n. 652 del 2 settembre 2025, il TAR Marche, Ancona, (Sez. II), riconosce un principio destinato a incidere profondamente sulla gestione dei concorsi pubblici: il diritto di accesso agli atti è pieno e non comprimibile, anche quando riguarda la verifica dei titoli di riserva presentati da altri candidati. Una decisione che segna un passo avanti verso una trasparenza effettiva e una tutela più ampia dei diritti dei partecipanti alle selezioni.

Il caso

La controversia nasce dal ricorso di un candidato che, dopo aver impugnato l’esito di una procedura concorsuale, rivendicava il proprio diritto di accesso agli atti relativi al riconoscimento delle riserve di posti previste per determinate categorie, come le persone con disabilità. L’amministrazione aveva negato l’accesso, invocando esigenze di tutela della privacy degli altri concorrenti.
Il TAR ha invece accolto il ricorso, sottolineando che la trasparenza è presidio della parità di trattamento e che il diritto di accesso, in questi casi, è funzionale alla difesa e alla verifica della legittimità dell’azione amministrativa. Il giudice ha chiarito che l’accesso deve essere garantito in forma integrale, salvo l’oscuramento dei soli dati “personalissimi”, cioè quelli che riguardano aspetti intimi e irrilevanti ai fini del giudizio.

La visione del TAR

Secondo i giudici, la tutela della riservatezza non può diventare un ostacolo alla piena conoscibilità degli atti concorsuali. Non è ammissibile, afferma l’ordinanza, una protezione della privacy usata come “scudo” per nascondere eventuali irregolarità. Di conseguenza, le amministrazioni non possono più respingere genericamente le istanze di accesso con formule standard, ma devono motivare in modo puntuale e concreto ogni limitazione, indicando quali dati intendono oscurare e perché.
La piena accessibilità agli atti rappresenta, secondo il TAR, una condizione minima per garantire il diritto di difesa. Negarla significa non solo comprimere un diritto soggettivo, ma anche mettere in discussione la legittimità dell’intera procedura concorsuale.

La decisione

La pronuncia fissa un principio operativo chiaro: dove esiste una posizione identica o comparabile tra i candidati, deve essere consentito l’accesso a tutti gli atti che hanno determinato la differenza di trattamento, con le sole cautele necessarie per i dati più sensibili.
Per le pubbliche amministrazioni, ciò comporta l’obbligo di rivedere le prassi interne in materia di accesso e di predisporre risposte motivate e personalizzate, non più stereotipate.
L’ordinanza del TAR rafforza il principio di trasparenza come strumento di eguaglianza sostanziale nei concorsi pubblici. In un sistema in cui la fiducia dei cittadini si misura anche dalla chiarezza delle procedure, questa decisione rappresenta un segnale forte: la privacy non può prevalere sulla legalità e sul diritto alla piena conoscenza degli atti amministrativi.